I Mercati

L’evoluzione dei mercati ed il mutamento dei gusti dei consumatori hanno creato nuove opportunità commerciali per l’imprenditore agricolo, le sue forme associate, le organizzazioni di produttori, le reti d’impresa. Tali canali sono potenzialmente remunerativi ma per sfruttarli al meglio occorre redigere un accurato piano di marketing. Un documento articolato che parte dai punti di forza e debolezza dell’impresa o del raggruppamento e dalla conoscenza del cliente, sino ad includere le strategie operative sulla base della conoscenza dei singoli mercati o tipologie di consumatori-utenti che si intende aggredire. Un piano strategico non può essere improvvisato, perché vanno previsti nel dettaglio sia le azioni che i costi, ma non è neppure statico perché va aggiustato nel tempo al mutare delle alle condizione del mercato. L’attività preliminare, in ogni caso, è quella di individuare l’orientamento generale del proponente, gli aspetti rilevanti del piano ed il posizionamento rispetto ai concorrenti. L’individuazione dei punti di forza, che riguardano sia i prodotti che le caratteristiche degli attori coinvolti dal punto di vista della produzione, è fondamentale perché permette di comprendere su quali basi sia poggiato il proprio prospetto di investimento strategico. La gamma, l’assortimento, l’unicità e la qualità sono i potenziali punti forza dei prodotti mentre la localizzazione, l’attitudine alla vendita del personale, la disponibilità di risorse finanziare e l’organizzazione logistica sono i potenziali punti di forza aziendali. Una volta messe a fuoco le caratteristiche positive interne occorre tener conto anche delle opportunità offerte dall’ambiente esterno. Sono esempi di opportunità l’evoluzione favorevole di una normativa, la possibilità di accedere a marchi di qualità europei (si pensi per l’olivicoltura ai marchi IGP, DOP e BIO), la disponibilità di corsi di formazione, la possibilità di ottenere finanziamenti per migliorare l’organizzazione logistica (costruzione di magazzini o celle frigorifere, l’acquisto di furgoni etc.), la possibilità di accedere a campagne di comunicazione oppure la valorizzazione delle produzioni. Nell’analisi della propria posizione strategica occorre comparare gli elementi favorevoli sia ai punti di debolezza a che alle potenziali minacce esterne. Sono punti di debolezza la scarsa qualità dei prodotti o l’eccessiva variabilità della stessa, la carenza di personale adatto per la gestione di un ufficio commerciale (si pensi ai commerciali delle O.P.), l’insufficienza dei volumi produttivi o l’inadeguatezza del processo produttivo(entrambi fattori che, elevando i costi, influenzeranno negativamente il prezzo), la mancanza di risorse finanziarie e l’ubicazione in posti che rendano difficoltosa la distribuzione dei prodotti (lontananza dalla città, localizzazione scomoda per i trasporti o scarsamente raggiungibile). L’ingresso di potenziali concorrenti oppure l’aumento dei costi di produzione causati dalla necessità di adeguare la produzione ai mutamenti normativi sono esempi di possibili minacce esterne. 3.1 La valorizzazione della filiera olivicola. Il settore Olivicolo italiano rappresenta una delle principali realtà produttive dell’agroalimentare, e rappresenta un’eccellenza agricola non solo italiana ma anche europea, e vive da alcuni anni una grave crisi sia sul mercato interno che su quello internazionale; una crisi tale da compromettere la sopravvivenza di numerose aziende. La situazione di mercato registra, da un lato, un progressivo aumento dei consumi, con una sempre maggiore richiesta di oli di qualità, senza un corrispondente aumento della produzione; dall’altro, registra un drastico calo dei prezzi, a fronte di un sostanziale aumento dei costi di produzione, in particolare degli oneri sociali. Alcuni dati ci aiutano a capire il comparto e le sue criticità:
QUANTITÀ DI OLIO PRODOTTO IN ITALIA DA OLIVE ITALIANE 2014/2015 produzione: 302.000 t. 2013/2014 produzione italiana oli di oliva: 477.106 t. 2012/2013: 505.915 t. 2011/2012: 541.760 t. 2010/2011: 550.000 t. Media: circa 475.000 t. AZIENDE OLIVICOLE ITALIANE: circa 900.000 VOLUME DI AFFARI: 3 miliardi di euro, pari al 3% del fatturato totale dell’industria agroalimentare, in Italia si contano 42 DOP E 3 IGP L’Italia consuma 577.500 tonnellate di olio. Per soddisfare i fabbisogni interni importa nel 2014 277.500 kg di olio. Quindi l’Italia non riesce a soddisfare la domanda interna. La Grecia, nonostante una diminuzione del consumo totale, resta al primo posto, anche se il suo consumo è inferiore a quello della campagna precedente e si attesta a quota 12,8 kg pro capite annuo, seguita da Spagna (11,3 kg), Italia (10,5 kg) e Portogallo (7,2 kg). A seguire vengono Cipro (5,5 kg), Lussemburgo (3,2 kg, grazie ad acquisti di consumo dei paesi vicini nei supermercati di Lussemburgo), Malta (3 kg), Francia e Croazia (1,7 kg), Irlanda e Belgio (1,4 kg), e Danimarca (1,2 kg). I cittadini di altri paesi dell’Unione europea consumano tra 0,5 e 1 kg di olio d’oliva annui (in ordine discendente: Estonia, Repubblica Ceca, Finlandia, Lettonia, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Slovenia, Austria e Regno Unito). Nei restanti paesi dell’UE, il consumo di olio d’oliva pro capite annuo non supera i 400 g (Romania, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia, Estonia e Lituania). In altri paesi membri del Coi, il consumo è aumentato considerevolmente, nelle ultime campagne olearie, in Turchia e Marocco (un aumento che coincide con un aumento della produzione) come pure nel gruppo di “altri paesi”. Secondo stime Ismea, il consumo di prodotto sfuso dovrebbe coprire almeno un terzo degli acquisti complessivi di olio d’oliva. In questa percentuale sono compresi sia i consumi delle famiglie produttrici di olio d’oliva, sia quelli di coloro che hanno effettuato acquisti o ricevuto in regalo olio d’oliva non confezionato (in tutto tre milioni di famiglie circa). Rispetto ad altre realtà olivicole comunitarie, la situazione italiana è più simile a quella greca, dove il fenomeno dello sfuso è ancora più marcato, mentre si differenzia nettamente dal caso spagnolo, dove le vendite di prodotto non confezionato al dettaglio rappresentano una realtà di nicchia. Alla luce di questi dati Molti vedono nella curva di sviluppo del mercato olio extravergine d’oliva le stesse dinamiche del mercato del vino. Tuttavia il mercato dell’olio evo italiano può diventare qualcosa di molto più importante, a patto che il prodotto costruisca un’identità forte e comunichi il valore reale della sua produzione. Inoltre il mercato interno, nel corso del tempo è volto maggiormente a porre l’attenzione sulle produzioni olivicole di qualità ed a marchio, facendo da sponda anche al mercato estero sulla scorta della promozione del Made in Italy. Pertanto la curva dei consumi (interno/estero) tende a valorizzare e ad incrociare una forte domanda di prodotto di qualità (BIO, IGP, DOP). Tuttavia struttura produttiva del comparto olio d’oliva, è caratterizzata da un certo grado di instabilità, generata principalmente da alcuni fattori come il basso grado di trasformazione industriale dei prodotti olivicoli, il forte ruolo dell’autoconsumo e l’elevata frammentazione dell’offerta che non permette alle imprese industriali di affermare i propri marchi su scala nazionale contribuendo alla regionalizzazione dei modelli di consumo. Le strategie di differenziazione dell’olio di oliva, condotte dalle imprese olearie, consistono prevalentemente in politiche di differenziazione verticale attraverso oli posizionati su fasce alte di prezzo/qualità (da agricoltura biologica, con aggiunta di aromi, o con gusti diversi quali delicato, forte, fruttato ecc.). A fronte di un crescente interesse manifestato per i prodotti biologici e per l’olio extra vergine di oliva, ogni operatore del comparto dovrà valutare il complesso delle leve con cui affrontare la concorrenza ed i mercati.
Occorre pertanto, per la la nostra bilancia commerciale e per il comparto calabrese, predisporre un piano strategico che faccia proprie le prerogative del “marketing-mix” termine utilizzato per l’analisi e la valutazione di alcuni parametri commerciali fondamentali per l’affermazione dell’azienda. Questi si distinguono in “prodotto, prezzo, distribuzione, promozione e pubblicità”:
- Prodotto: nel lanciare un nuovo prodotto in un certo mercato, occorre curare la qualità distintiva dell’olio che s’intende offrire. Secondo le strategie di marketing, quando si vende un prodotto risulta fondamentale non tanto la domanda di acquisto, bensì quella di “riacquisto”. Soltanto se ciò si è verificato, è possibile affermare che il nostro olio è stato apprezzato dal consumatore e che pertanto la qualità offerta ha conseguito pienamente l’obbiettivo della “customer satisfaction” cioè la soddisfazione del consumatore. Il corretto “posizionamento” del prodotto rispetto alle variabili del gusto e dell’appeal (colore, packaging, brand), ci consente di prevedere l’affermazione o meno del nostro olio da agricoltura biologica. Un gusto eccessivamente marcato (olio molto fruttato, amaro, presenza di difetti di lavorazione facilmente avvertibili), potrebbe rivelarsi un rischio qualora volessimo collocare il prodotto, anzichè in negozi tradizionali specializzati, in differenti canali quali supermercati o superfici più grandi. Queste ultime forme di distribuzione costituiscono infatti il volano per un consolidamento nel medio-lungo periodo.
- Prezzo: questa variabile, almeno nella fase di introduzione o sviluppo del ciclo di vita dell’olio d’oliva biologico, può essere considerata meno significativa. È necessario tuttavia mantenere sempre uno scarto ottimale rispetto all’olio d’oliva convenzionale, mentre un eventuale riduzione del prezzo potrà essere effettuata gradualmente nel tempo.
- Distribuzione: questa leva assume fondamentale importanza per stabilire dove, come e in quali mercati (o attraverso chi) vendere il prodotto. Ammettendo che tutti gli operatori godano di risorse finanziarie e umane scarse, occorre decidere ponderatamente in quale mercato vendere; la partecipazione a fiere specializzate rappresenta sicuramente la prima finestra commerciale dell’impresa dei consorzi di tutela, mentre per il mercato estero è opportuno studiare con attenzione l’evoluzione della domanda in paesi dome Danimarca, Germania, Regno Unito, Svezia, o nei paesi d’oltre Oceano (Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia), ove vi è un crescente interesse per l’olio extravergine di oliva biologico.
- Pubblicità e promozione: oltre alle manifestazioni fieristiche come strumento di opportunità commerciale, anche una politica promozionale diventa prioritaria nell’ambito delle scelte di marketing-mix dell’impresa. Nell’ambito di quest’ultima leva, è opportuno sottolineare l’importanza rivestita dai mezzi di comunicazione sia informatici che cartacei (depliant o cataloghi illustrati da offrire ai potenziali clienti). È importante avere una politica orientata a promuovere l’immagine dei propri prodotti e della propria azienda, favorendo maggiori informazioni al consumatore in termini di processi produttivi, di tecnologie utilizzate o anche di natura nutrizionale-salutistica del prodotto bio. Con un’offerta di mercato dell’olio di oliva biologico sempre più frammentata, occorre che gli operatori adottino delle vere e proprie strategie di marketing mirate all’affermazione di un prodotto differenziato e di qualità; in questa ottica è indispensabile che l’offerta acquisisca più potere contrattuale concentrandosi e innovandosi (utilizzando strumenti come i consorzi di tutela) e/o adottando una politica di mercato volta alla valorizzazione e standardizzazione del prodotto al fine di creare un marchio di qualità e di garanzia che possa far leva sulla presenza di un disciplinare di produzione riconosciuto (es. il disciplinare IGP Olio di Calabria).
Marketing e Piattaforme digitali.
A causa della trasformazione tecnologica (e digitale), i mercati sono diventati il territorio incontrastato di dominio della disruption – il cambiamento improvviso di prospettiva che tanto spaventa i grandi incumbent che dominano la nostra società: «la tecnologia – il software in particolare – ha avuto un effetto destabilizzante sui modelli di business tradizionali. Il personal computing ha livellato il campo in quasi tutti i settori. I prodotti ed i mezzi per crearli sono diventati digitali. La capacità di produzione continua Dignan è cresciuta ed è più accessibile e portatile. L’accelerazione di questa tendenza significa che ogni singolo giorno diventa più facile per chiunque competere con l’altrui analogo prodotto o servizio, farlo meglio, più velocemente e in maniera meno costosa. Si diceva una volta che il momento migliore per iniziare un business fosse ieri: al giorno d’oggi, domani sarebbe quasi sempre un punto di partenza più vantaggioso. In questo modello di società, le aziende devono adattarsi dunque a nuovo “modello operativo”: diventare macchine collaborative, adattabili e dedite alla sperimentazione continua, in grado di comprendere il cambiamento tecnologico e plasmarlo e utilizzarlo a loro vantaggio per facilitare la produzione di valore. I dati dell’agroalimentare italiano raccontano un settore in crescente espansione a fronte di una ancora scarsa preparazione delle aziende nell’approccio al modo del web marketing e del digitale, ma «Non c’è niente da inventare, solo tradizioni da riportare in vita”, e come dicevamo, per made in Italy agroalimentare ad oggi solo il 34% delle nostre Pmi vanta un proprio sito internet e solo il 13% lo utilizza come canale di e-commerce. Occorre stimolare un passaggio dal valore della conoscenza di un prodotto (gli esempi di piattaforme digitali in tal senso sono già ben presenti, basti pensare all’accordo sul Made in Italy tra Google-MiipafUnioncamere), alla valorizzazione di una piattaforma che ponga sul mercato le diverse eccellenze della filiera olivicola in maniera omogenea ed aggregata. Pertanto una piattaforma digitale che sia a servizio del comparto olivicolo, inserita in una rete di impresa o in un’altra struttura di natura associativa-commerciale deve rappresentare il giusto connubio tra “racconto” e “servizio”. Inoltre la complessità di una simile piattaforma non è limitata solo all’e-commerce ma dovrà prevedere una completa tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni, secondo regole e standard internazionali in materia di sicurezza, qualità e origine degli alimenti. Il tutto attraverso un sistema digitale che coinvolga la catena della produzione, la catena di trasformazione, monitorando la distribuzione e la comunicazione verso i consumatori. Ad esempio attraverso la cosiddetta etichetta intelligente riportata sull’articolo che si intende acquistare, di poter accedere in tempo reale ai dati relativi alla storia del prodotto sistema questo, che di fatto introduce un nuovo strumento per la lotta alla contraffazione e a tutela della salute dei cittadini. Pertanto l’obiettivo, per una struttura complessa che si approccia al comparto olivicolo, è quello di realizzare una piattaforma tecnologica che connetta tutti gli “anelli” della filiera, consentendo di raccogliere dati e informazioni che prima rimanevano silenti, e ora invece possono essere utilizzati da tutti i soggetti della catena, incluse le istituzioni preposte alla sicurezza alimentare, parametrando i risultati e volgendoli ad una proposta di selezione di prodotti evo certificato che siano maggiormente appetibili dal consumatore.





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